mercoledì 23 gennaio 2013

Profumiera 2.0

Credo che sia capitato a molti di vedersi chiudere la porta in faccia dopo aver avuto la sensazione di essere stati invitati ad entrare. Ammetto che a  volte ci si può sbagliare quando i pensieri sono offuscati dal desiderio o dall’eccitazione, ma spesso capita di essere vittima di sofisticate manipolazioni da parte di donne che trovano piacere e soddisfazione nel negarsi quando tutto lasciava intendere il contrario. Insomma, come le commesse al piano terra della Rinascente che vendono profumi, per dirla in gergo militare, te la fanno annusare e non te la danno. Per galanteria definiremo queste donne “profumiere”.
Dicesi profumiera chi nei comportamenti lascia volutamente intendere di apprezzare il rituale di corteggiamento a tal punto da dirsi pressoché persuasa a concedersi ai piaceri della carne. Lasciare volutamente intendere vuol dire che allorquando il corteggiatore, illuso di esser riuscito a muover le giuste corde, palesa sicuro di se le sue intenzioni ma si trova mestamente respinto. Trattasi di agire doloso dato che la profumiera, dopo avere respinto le avance, di solito si diverte anche a metter alla gogna il malcapitato  accusandolo di aver frainteso e che tale fraintendimento nasce dal fatto che l’uomo, in quanto tale, è privo di sentimenti e razionalità, ma il suo agire è governato da un solo scopo ed è per questo che distorce la realtà. Cosa spinge alcune donne ad essere volutamente ambigue è un mistero che aggiungerei alla lunga lista dei comportamenti irrazionali. Giocando a fare gli psicologi si potrebbe azzardare una latente insicurezza o debolezza che si traduce nel enfatizzare il potere insito nella negazione, oppure ipotizzare un piacere sadico nell’umiliare l’uomo. Più semplicemente si potrebbe spiegare tutto con la vecchia e sempreverde carenza di affetto e autostima, compensata da una lunga fila di corteggiatori che però ignora il fatto che lo sanno tutti l’esclusività di un locale non è certo data dalla fila all’ingresso ma che questa è solo indice del fatto che il buttafuori è uno stronzo.
Il fatto di reputarmi troppo vip per stare in coda e soprattutto l’essere sospettoso quando tutto sembra troppo semplice di solito mi evita situazioni imbarazzanti oppure, in fatto di profumiere tanto ci ho sbattuto il naso che ormai ne sento l’odore anche a distanza.  Tuttavia notavo di recente come oggi che tutto è digital o social o “fess”- buk vi sia stato un upgrade anche nel comportamento delle profumiere. Così sono sempre più numerosi i profili con fotografie in bikini risicatissimi  o pose osé postate per creare tristissime claque  di poveri illusi che dispensano banali e sudaticci complimenti. Ho visto addirittura chi fa copia e incolla di messaggi di pseudo corteggiatori meritando sicuramente il titolo di regina delle profumiere  Mi duole dire però che all’inzerbinimento dell’uomo non c’è mai fine e davvero basta uno scampolo di pelle per perdere il senno. Se poi in chat la risposta all’allusione è la faccina che ride… ci vuole poco ad esser colti con le brache calate davanti al pc, metaforicamente e non. Diffidate del facile guadagno al minimo investimento.
E tu profumiera, in assenza di una regolamentazione che tuteli il maschio sprovveduto, se la tua foto “appecoronata” con tanga interdentale vuole esser solo un ricordo delle vacanze, nel tuo profilo, potresti per favore flaggare la voce “arrizzacazzi”? Grazie.

domenica 7 ottobre 2012

Chi ti credi di essere?

Ho riflettuto sul bisogno del gentil sesso di sentirsi speciale. Sono giunto alla conclusione che non si tratta di una condizione posta o di un attributo richiesto nel corteggiamento ma è  invece parte dell’essere donna. Tutte le donne si sentono, infatti,  speciali e non è tollerata l’eventuale non riconoscenza di questo stato d’essere. L’accettazione aprioristica dell’unicità e straordinarietà della propria persona deve essere un fatto scontato, da qui la conseguente aspettativa che qualsivoglia relazione deve partire da questo presupposto. In fase iniziale certo non mancano di sottolinearlo. Il livello di autoreferenzialità lo si può facilmente desumere dal tono comparativo dei propri racconti e il ricco utilizzo del pronome personale “io” o del pronome indefinito “nessuno” il cui abuso  ho sempre guardato con sospetto. Nessuno infatti ha passato quello che ha passato lei e nessuno la capisce veramente. Tra le mie amiche sono io che so davvero cosa vuol dire… Lungi da me il tentativo di comprendere o di spiegare. Me ne sono fatto da tempo una ragione e lascio ai giovani l’affascinante compito di indagare il mistero del mondo femminile. Mi limito ad osservare costanti di comportamento ovvero “pattern” come si direbbe in gergo sociologico. Dunque spesso mi è capitato di trovarmi ad ascoltare storie di vita che oscillano tra il mero vittimismo di essere più sfortunato al mondo, a nocchiero di un veliero proiettato verso il mare del duemila…  Inevitabilmente l’autoreferenzialità, che rasenta l’egocentrismo, innesca inevitabili conseguenze. In primis un livello altissimo di competizione con le altre donne, e scusate, su  questo punto da tempo noi uomini abbiamo compreso l’importanza del gioco di squadra (Nash docet), ma anche un atteggiamento iperselettivo nei confronti degli uomini, esasperando atavici comportamenti di scuola  antropologica sulla scelta del maschio,  che si traduce in un mero egoistico atteggiamento di esclusività: l’utero è mio e decido io.  Certo, in un mondo ideale vigerebbe lo schema del chiedete e vi sarà dato ma date le premesse bisogna stare al gioco ed è dovuta qualche moina. Non ci vuole poi così tanto a dare importanza e a rendere speciale qualcuno, basta qualche non mi dire, ma davvero, ti capisco e un paio di sei davvero unica ed il gioco è fatto. Poi tra tante capita di incontrare dei veri casi patologici dove l’essere speciale assume connotati epici invadendo tutti gli aspetti della propria vita. In quei casi allora non basta considerare se stessi speciali ma attraverso un effetto re mida diventa speciale tutto ciò con cui si ha a che fare. Si inizia a dare un nome a tutte le cose e tutto deve avere a che fare con i massimi sistemi. La mia vita è il soggetto ideale per un film esistenzialista, la mia relazione sembra un romanzo d’altri tempi e perfino una spiaggia deserta e sperduta diventa un momento pregno di emozioni da essere vissuto intensamente. Così aspetti e ti trovi a fumare cento sigarette mentre lei deve a tutti i costi farsi una passeggiata in solitaria per contare fino all’ultimo granello di sabbia meditando sul senso della vita e dell’esistenza, tralasciando però il senso di ciò che si sta facendo in quel preciso istante. Mi sorprende sempre questa capacità di volersi a tutti i costi complicare la vita perdendosi nella ricerca del dare un nome alle cose anziché alleggerirsi l’esistenza rendendosi conto che a volte basta vivere. Chi più si reputa speciale più si lamenta di non trovare il fidanzato all’altezza. Bhè, mi piacerebbe rammentare a chi non fa altro che dirsi unica che, mia cara, fatte alcune eccezioni tipo Hitler e Einstein,  facciamo tutti parte del grande medione del genere umano. Come qualcuno ha detto meglio di me l’impresa eccezionale è essere normale. Telefonami quando avrai preso coscienza di questa semplice e universale verità, perché a me di pensieri bastano i miei e non ho bisogno di dare un significato ad ogni cosa che accade, ne tantomeno di qualcuno che si aspetta che lo faccia.   

domenica 23 settembre 2012

Ti preferivo col mal di testa!

A cose fatte il tuo unico pensiero è infilarti i pantaloni e fuggire come da una casa in fiamme. Nell’imbarazzante silenzio guardi il soffitto in attesa di un segno per alzarti dal letto,  mentre lei, tristemente consapevole, cerca di  rimandare di qualche minuto l’inevitabile. Si glissa pudicamente sull’accaduto e lei, pur di tenerti a letto, rilancia con domande e confidenze. A quel punto hai trovato una scusa qualunque e ti stai già allacciando le scarpe.  Scendi le scale abbottonandoti la camicia, pensi alla bella serata e prendi nota per una telefonata da farsi prima o poi. Al di là delle situazioni imbarazzanti ognuno sa che parte recitare, il copione è invece imprevedibile nella fase che precede l’amplesso.  Dalla serie non dire gatto se non ce l’hai nel sacco, può sempre accadere qualcosa che fa concludere la serata in un nulla di fatto. Ammesso e non concesso che si può cambiare idea, anche, diciamo, a discorso ormai avviato, ritengo che ci sia un che di sadico che cresce al crescere dell’dea dell’”ormai è fatta “. In quel caso non puoi far altro che accettare il voltagabbana, prenderti il due di picche e fartene una ragione. Tanto a spiegarti le ragioni psico-ormonali  non ne verrai mai a capo. Ciò che reputo oltremodo divertente è il tentativo di addurre motivazioni plausibili o scuse strampalate. Improvvise dissenterie, classici mal di testa, esco da una storia di tre anni con un tipo e troppe ne ho sentite.  Mi è anche capitato di sentirmi contestare il dress code del mio intimo non ritenuto consono all’occasione. Ho detto che per fare quello che stavamo per fare le mutande le avrei tolte… anzi, poi ho tolto anche i calzini avendo letto su Men’s Health che era bene farlo.

L’intimo inopportuno, pur essendo sicuramente tre le dieci migliori scuse per dire che ho cambiato idea, non può mai eguagliare la confessione ai confini della realtà che mi è stata fatta quasi sul più bello:
 



Scusa ma che succede?
No.. ma..  No, è che non sono a mio agio…
Dipende da me? Ho fatto qualcosa che… ?
No, no… con te sto benissimo… è per una scelta che ho fatto…
Che scelta? Non capisco…
La mia è una scelta di castità
…!
… neanche mia madre condivide…
….!!
.. è una scelta difficile da rispettare…
…!!!
… pensa che a volte sogno cazzi che volano!
… !!!!

 


giovedì 13 settembre 2012

Ciao, sai cosa vuol dire ciao?


Ora di punta, stazione di snodo della metropolitana, affollatissima scala mobile a due corsie che lenta porta su una fiumana di gente. Io immerso nella folla mi faccio portare da questa corrente meccanica ripassando a mente i vari impegni della giornata, quando nell’altra corsia che sale lenta noto una ragazza avvenente dai vistosi capelli rossi. In quell’istante una voce si leva forte da una scala all’altra: “a bella me pari n’semaforo!”
Oggi, che ho finalmente compreso che lo sbaglio più grande in qualsiasi tipo di approccio è quello di dare importanza all’interlocutrice o ancor peggio volere a tutti i costi risultare simpatico, sono propenso a pensare che quell’esternazione di sincerità sia meritevole di considerazione.
Naturalmente tutto si è concluso in una risata da parte degli astanti e niente di più. Però, l’atteggiamento tutto sommato è quello giusto.
Diciamocelo, ai più oggi la parola manca. Volere essere a tutti i costi interessanti, acuti, intelligenti, simpatici è impresa a tanti davvero ardua. Se poi ci si fa prendere pure dall’ansia che il grosso dell’opinione di te se la fa entro le prime tre o quattro parole che dici, ti viene subito da sperare in un ritorno di Passaparola in tv per gli studenti dell’ultima ora. Peggio mi sento a parlare di social network, emmemmesse, essemmesse e semeladesse. Rimarrà per sempre un mistero per me come, con le unghie appena rifatte, sia in grado di digitare su una tastiera minuscola a tale velocità. È una guerra persa. Preferisco desistere e se ho qualcosa da dire chiamo. Per natura l’uomo parla e dimentica mentre la donna rimugina, ripensa e cerca messaggi subliminali quando in realtà il messaggio è uno e uno solo. Per stare sereno, cerco di evitare di creare uno storico di minchiate sulla memoria virtuale del suo telefono, tanto prima o poi mi si ritorceranno contro.
La donna oggi ha bisogno di sentirsi parlare addosso e allora si parla, si parla, si scrive, poi si parla ancora… tutto per girare attorno ad un discorso  che in realtà è ben chiaro a tutti. Non è facile non farsi trarre in inganno e senza accorgersene si è trascinati in un vortice di parole che, ahimè, presto si esauriscono. E poi? Di che vogliamo parlare? Delle tue scarpe nuove? Delle tue vacanze? E mentre lei parla tu ti chiedi per quanto ancora dovrai fingerti interessato prima di raggiungere l’agognato traguardo.
In realtà basterebbe essere chiari nelle intenzioni sin dal primissimo approccio, anche quando questo appartiene alla categoria dei più banali:
Ciao, scusa hai una sigaretta?
Si, tieni
Grazie
Vuoi anche da accendere?
No, la fumo dopo
Dopo quando?
Dopo che t'ho scopata
 

sabato 8 settembre 2012

come fan presto, amore, ad appassir le rose


Pensavo che sarebbe stato carino non presentarmi all'appuntamento a mani vuote. Così, prima di arrivare con prudente anticipo al nostro incontro, avevo deciso di fermarmi per acquistare dei fiori. Il gesto non ha niente a che fare con la carineria, siamo onesti, ma andare dal fioraio, sforzarsi di fare una scelta originale, passaggiare per il centro con i fiori in mano, in fondo non mi era dispiaciuto. Avevo scelto un'orchidea gialla, di cui ignoro assolutamente il significato nel linguaggio dei fiori, ed avevo esordito sostenendo che lei non mi sembrava il tipo da rose rosse. Invece, pensando a lei durante la scelta, quell'orchidea mi aveva ispirato. Il suo apprezzamento era visibile. Disse che è raro ormai un uomo che regala dei fiori.
Presi questa cosa come un complimento anche se l'immagine di uomo d'altri tempi, che pensai lei mi avesse attribuito, mi turbò leggermente. In fondo la foto un pò sbiadita e stantìa di uomo da macchina lavata, barba dal barbiere e pantaloni di vigogna, certo non mi appartiene. Ad ogni modo, quei fiori poggiati sul tavolo della graziosa enoteca fanno oggi parte del ricordo che ho di quella serata. Come sempre mi finsi interessato alle sue parole e pur ascoltando meno della metà dei suoi discorsi feci anche qualche domanda che risultò, non so come, particolarmente pertinente.
Alla metà del secondo calice di vino arrivò il momento delle confidenze. Si tratta di un pretesto per vagliare le reazioni a qualcosa che le sta particolarmente a cuore. Nell'esito della serata o nel pssibile prosequio della relazione è un momento molto importante, soprattutto per garantire il senso di fiducia e sicurezza di cui ogni donna ha bisogno. L'argomento che tirò fuori è uno dei miei preferiti: il rapporto uomo-donna e le passate esperienze. Mi disse che dopo aver seguito un seminario dal titolo "mio padre e gli altri uomini della mia vita" era adesso pronta ad avere una relazione con qualcuno soprattutto per mettersi alla prova e misuare i risultati del suo percorso catartico che avrebbe risolto i suoi difetti causa di tanti fallimenti relazionali. Lo ammetto, il titolo del seminario era francamente inquietante ma avevo davanti una che finalmente aveva deciso di divertirsi un pò anche se per arrivare a questo si era sorbita numerose riunioni settimanali al gruppo delle disilluse anonime. Colto il messaggio mi atteggiai da primo che capita e la strategià pagò.
All'alba del giorno dopo mi feci un caffè mentre lei dormiva nell'altra stanza. Prima di andar via per non cercarla mai più, le sistemai l'orchidea e pensai che il suo prossimo seminario poteva essere "fiori e altre caramelle dagli sconosciuti".